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La stanza delle Meraviglie

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Al primo piano del Museo Correale è presente una sala che raccoglie alcune tra le opere d’arte più belle e rappresentative: la Stanza delle Meraviglie.

Il riferimento è noto: il fascino perduto delle “Wunderkammer”, quei particolari ambienti in cui, dal XVI secolo al XVIII secolo, i collezionisti furono soliti conservare raccolte di oggetti straordinari, capaci di suscitare meraviglia e stupore in chi li osservava.


La scelta espositiva è ricaduta sui dipinti più belli del Museo Correale e su una rara coppia di arredi napoletani del XVII secolo.

La Maddalena penitente è certamente il dipinto più famoso della quadreria del Correale: inizialmente attribuita al pittore Massimo Stanzione è stata poi definitivamente riconosciuta quale opera di Artemisia Gentileschi (Roma, 1593 – Napoli, tra il 1652 e il 1656).
La Gentileschi dipinge la sua Maddalena in penombra, forse inginocchiata e con le mani intrecciate e con un’espressione di raccoglimento, leggermente corrugata: in questa Maddalena penitente ritroviamo certamente il pathos e la tensione emotiva che contraddistinsero l’esistenza della pittrice (la “pittora” ribelle, come spesso viene definita), riconosciuta dalla critica per essere l’artista donna più celebre del Seicento per il suo indiscusso talento artistico e per la sua travagliata storia personale.


Ad accrescere la meraviglia, l’esposizione le 3 pregevoli tele con teste di apostoli e quella del Cristo redentore, del pittore Giovanni Lanfranco (Parma, 1582 – Roma, 1647). Assieme ai Carracci, a Guido Reni, al Domenichino e al Guercino, Lanfranco è considerato uno dei maggiori pittori del barocco italiano, di matrice emiliana.


La Stanza delle Meraviglie ospita anche 2 belle tele di Luca Giordano (Napoli, 1634 – 1705): di particolare interesse il Sansone contro i Filistei, opera recentemente acquisita in collezione Correale grazie alla donazione Maria Vittoria Pollio.


Di bottega napoletana – tra il 1690 e il 1710 – una rara coppia di stipi Monetieri.
I due arredi – una sintesi perfetta di scultura, arti applicate e fine progettazione artistica, la cui preziosità è testimoniata anche dall’utilizzo della pregiata tartaruga (Caretta caretta), che li riveste – poggiano su una base di legno tornito e presentano un fronte a cassetti doppi; gli sportelli centrali, che nascondono al loro interno altri quattro piccoli cassetti segreti, sono rispettivamente composti da una complessa decorazione architettonica a forma di edicola, con motivo di piccola balaustra incorniciata da colonnine e da un timpano spezzato. La richiesta di monetieri (in francese cabinet) crebbe tra il XV e il XVI secolo, parallelamente al fenomeno del collezionismo di monete antiche, di gioielli e di altri piccoli oggetti come le conchiglie, ritenute rare ed esotiche solo perché provenienti da terre lontane.
È proprio in questo contesto – che prelude alla nascita della Wunderkammer – che trova particolare diffusione l’uso del monetiere, per eccellenza il mobile dello “studiolo” dell’umanista, destinato – per la sua tipologia a cassetti e scomparti segreti – a conservare i preziosi oggetti collezionati.
Al fascino di ciò che il monetiere custodiva, si aggiunse anche la preziosità di questi stipi per squisita fattura compositiva e per ricercatezza dei materiali utilizzati, quali l’avorio, le pietre dure, i metalli dorati, e i legnami esotici (ebano e palissandro), impiegati con l’unico intento di “meravigliare”.
A partire dal 1640 divenne sempre più frequente l’uso di lamine in tartaruga, materiale molto pregiato: l’impiallacciatura in tartaruga si diffuse in particolar modo a Napoli, divenendo il carattere distintivo degli stipi partenopei realizzati a metà Seicento, proprio come quelli esposti nella Stanza delle Meraviglie.

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