La Natura Morta
Nell’arte figurativa con il termine Natura Morta si intendono quei dipinti che hanno come soggetto fiori, frutta, pesci, cacciagione o vari oggetti d’uso. Fino ai primi del Seicento era ferrea legge che l’importanza di un dipinto fosse direttamente commisurata all’importanza sociale o religiosa del soggetto rappresentato (ritrattistica, divulgazione religiosa), per cui era impensabile che un soggetto inanimato potesse rivestire dignità pittorica.
Ma è proprio nel XVII secolo – grazie al genio rivoluzionario del Caravaggio che distrusse il principio secondo il quale ritrarre soggetti inanimati fosse un’attività poco nobile – che comincia quel processo che porterà all’autonomia pittorica la matura morta, che si configurerà definitivamente come genere pittorico autonomo nel XVIII secolo.
La pittura di genere, il paesaggio e, in particolare, la Natura Morta ebbero a Napoli – nel Seicento – grande sviluppo, grazie alla presenza in città di pittori caravaggeschi e pittori fiamminghi, questi ultimi particolarmente attenti alle indagini naturalistiche. Nella pittura napoletana la Natura Morta subì una sorta di trasposizione in chiave barocca, con graduale passaggio di gusto dall’effetto di ammirazione per la fedeltà oggettiva della rappresentazione a quello di stupore e meraviglia per la fantasia dell’invenzione compositiva.
A Napoli nacquero vere e proprie consorterie di pittori di Nature Morte, che monopolizzarono per decenni un ricco e fiorente mercato finanziato dalla nuova borghesia laica, colta ed estimatrice di composizioni non solo di gusto floreale ma anche ricche di animali e di raffinati oggetti di uso quotidiano, considerate come un simbolo da esibire.